Ci sentiamo tutte impotenti, inermi, spaventate e soprattutto furiose dopo quello che è successo. Anche io provo le stesse emozioni. Con l’aggiunta però di una sensazione di disgusto per aver assistito a tante declamazioni da parte di chi poteva decidere senza poi vedere poco di concreto, nonostante tutte le pressioni fatte.
I dati ci dicono che oggi in Italia una donna viene uccisa ogni tre giorni. Giulia si aggiunge ad una lunga, lunghissima, infinita lista di 104 donne prima di lei. Sappiamo già quindi che dopo di lei rischiano di esserci tra le 12 e le 17 vittime tra il 18 novembre e il 31 dicembre di quest’anno. Come possiamo accettarlo?
Le leggi per punire gli uomini che compiono violenze ci sono, ma non bastano. Mancano quelle per educare al rispetto, alla libertà, all’affettività. Non servono pene esemplari. Serve andare più in profondità. Serve investire nella prevenzione, sul serio. I soldi stanziati non bastano neanche per iniziare, e arrivano spesso in ritardo come una mancetta in qualche manovra di bilancio. Serve che le forze dell’ordine, i magistrati, gli avvocati e gli operatori sociali - chi dovrebbe far rispettare e applicare queste leggi - abbiano ha una formazione adeguata sulla violenza di genere, non che venga soltanto decantata su carta. Serve un impegno costante, determinato, silenzioso di ciascuna-o. Delle istituzioni, delle famiglie, della scuola, dei media, delle forze dell’ordine e della magistratura.
Il contrasto alla violenza contro le donne non può essere sulla bocca di tutti e tutte soltanto quando la cronaca, come il femminicidio di Giulia Cecchettin, ci scuote. Deve essere una reale priorità dell’Italia, un pensiero che non ci lascia mai, e che ogni giorno ci fa fare un gesto in più. Per cambiare, serve ripeterlo più ad alta voce, serve impuntarsi, serve che Giulia non sia soltanto la 105esima, ma che ci guidi ad un cambiamento reale. Ci vediamo il 25 novembre in piazza.
Comments