Secondo i sondaggi la percentuale degli europei che non ha fiducia nel Parlamento comunitario supera di 8 punti quella di coloro che si fidano. Solo qualche anno fa gli estimatori erano oltre il 30% in più dei detrattori. Eppure a Bruxelles si decidono le sorti di mezzo miliardo di cittadini di 28 Paesi. Scegliere una lista e un candidato non possono essere atti stanchi e inconsapevoli. Il voto del 25 maggio è l’unico strumento in nostro possesso per indicare un nuovo percorso, per incamminarci sulla strada di un’altra Europa: quella dell’eguaglianza, dei beni comuni, dell’accoglienza, della pace.
Per questo, come riviste missionarie, riteniamo che i rappresentanti eletti a Strasburgo e Bruxelles debbano avere a cuore almeno cinque grandi tematiche: gli Epa (Accordi di partenariato economico); la pace e il disarmo; l’immigrazione; la cooperazione internazionale; la libertà religiosa.
Con gli Epa, l’Ue chiede all’Africa, in particolare, di eliminare le barriere protezionistiche in nome del libero scambio. Le nazioni africane, togliendo i dazi e aprendosi alla concorrenza, permettono all’agricoltura europea, che vende i suoi prodotti a basso costo perché sostenuta da denaro pubblico, di invadere i loro mercati, con conseguenze potenzialmente drammatiche. Sono accordi da rivedere.
Per uscire dalla crisi, Bruxelles vuole sostenere lo sviluppo delle capacità militari continentali, con l’obiettivo di fare dell’industria degli armamenti un volano economico. Una scelta intollerabile per chi ricerca le vie del dialogo e del disarmo per risolvere le tensioni. Ci vuole un nuovo modello di difesa che trasformi l’Europa in una potenza di pace, a cominciare dalla costituzione dei Corpi civili di pace europei, come forza d’intervento tesa alla prevenzione e ricomposizione nonviolenta dei conflitti. I casi della Siria e dell’Ucraina sono un monito.
Sull’immigrazione è urgente una riforma del regolamento di Dublino: introdotto nel 2003 per chiarire le competenze dei singoli Stati sulle domande di asilo politico, si è rivelato uno strumento inadeguato per la protezione dei rifugiati. Più in generale, l’Europa deve dimostrare che quello dell’accoglienza è tra i suoi principi fondativi. A ciò contribuirebbe l’omogeneizzazione delle legislazioni nazionali in tema di cooperazione. L’Europa è il primo donatore per l’Africa. Ma spesso le sue azioni sono dispersive, non legate a un progetto comune, e quindi poco efficaci. La cooperazione deve diventare lo strumento principe per una politica di pace che voglia garantire convivenza e benessere, nel rispetto dei diritti fondamentali.
Infine, la libertà religiosa: parrebbe un diritto garantito e tutelato nel Vecchio Continente. Invece ha bisogno di un buon restauro perché l’Europa non è immune da violazioni della libertà di credo, da attacchi a membri delle minoranze religiose e da discriminazioni per motivi religiosi.
I candidati parlamentari, attraverso programmi che manifestino sensibilità su questi temi, e i cittadini attraverso la scelta di tali candidati, possono far imboccare all’Europa la strada del cambiamento.
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