Domenica scorsa la Premier Meloni, al Cairo insieme a Ursula Von Der Leyen e altri premier europei, ha sottoscritto alcuni accordi commerciali e un accordo sulla gestione dell’immigrazione con il Presidente egiziano Al-Sisi come se niente fosse. Siglando quegli accordi ha dimostrato di passare sopra al caso Regeni e di metterne in secondo piano la ricerca della verità e della giustizia. Forse Meloni non ha capito che raggiungere verità e giustizia sulla morte di Giulio Regeni non è una questione di uno schieramento politico o di un partito singolo. È una cosa che appartiene ad ognuno e ognuna di noi. Ha a che vedere con la rispettabilità del nostro Paese a livello internazionale, con la nostra capacità di proteggere i cittadini all’estero e con il senso che attribuiamo alla giustizia e alla democrazia.
Sappiamo che l’Egitto è un Paese chiave, specialmente nella risoluzione della guerra in corso tra Israele e Hamas. Sappiamo che riaprire questo canale di dialogo è purtroppo necessario per un raggiungimento di un cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza. Ma questo canale non può essere riaperto dimenticandosi dell’interlocutore con cui ci interfacciamo: l’Egitto è un regime sotto cui un cittadino italiano è stato rapito, torturato e ucciso. Ed è un regime che tratta così migliaia di propri cittadini, i Giulio d’Egitto.
La risoluzione che abbiamo presentato oggi alla Camera, frutto di un lavoro comune con i Giovani Democratici Milano, chiede al governo Meloni di fermare la fornitura italiana di armi di piccolo calibro all’Egitto. Secondo i dati di EgyptWide, tra il 2013 e il 2021 l’Italia ha esportato in Egitto armi di piccolo calibro per un valore compreso tra i 18.900.000 e i 19.223.000 euro. Il nostro obiettivo è semplice: quello di segnare un limite nel modo in cui riapriamo i rapporti con il regime di Al-Sisi e di non dimenticare Regeni. Offriamo alla destra l’occasione di qualificare la politica estera italiana. Vedremo se vorranno dire no e continuare ad abbassare la testa di fronte a Al Sisi.
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