Se Triton non è abbastanza
Pubblicato il 11/02/2015 sull’Huffington Post
Triton non è abbastanza.
Lo dicono non solo esponenti politici italiani. Lo ha detto il commissario all’immigrazione e affari europei, Dimitris Avramopoulos, per il quale l’Ue deve fare di più. Lo ha detto il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks.
La domanda sul che fare in questo caso è pressante, perché riguarda le azioni da mettere in pratica per evitare la vergogna europea di dover seppellire altri morti. Per annegamento, o per il freddo. Sappiamo che le operazioni per l’assistenza in mare, con più o meno strumenti, non risolvono la questione della pericolosità del viaggio in mare. Inoltre, alcuni paesi europei hanno criticato Mare Nostrum come push factor, o fattore di attrazione dei migranti in Europa.
È anche per questo che il mandato di Triton è stato limitato, sia nello scopo (solo acque territoriali europee), sia nel mandato (non search and rescue, ambiguità sull’assistenza in mare), sia nelle risorse a disposizione.
I profughi che vediamo sui barconi scappano da dittature e conflitti, e vengono in Europa, uno spazio comune di convivenza pacifica e rispetto dei diritti individuali. In quest’ottica, l’operazione Triton rappresenta comunque una svolta rispetto all’operazione Mare Nostrum, che era solo italiana e contraddiceva quello che altri paesi europei facevano (Spagna, Grecia, molto duri nel contrasto all’arrivo di barconi): l’Unione europea si è assunta collettivamente la responsabilità delle proprie frontiere, e quindi della gestione di chi le attraversa scappando da situazioni inumane.
E allora, a fronte dei limiti di Triton, perché non immaginiamo di far fare un passo avanti all’intera Unione Europea e non solo all’operazione di Frontex? Perché l’Unione europea non può a questo punto gestire direttamente una quota dei rifugiati del conflitto siriano, che scappano da Isis, che fuggono dal regime eritreo, aiutando i paesi limitrofi e gestendo da lì il loro arrivo in Europa?
In fondo, con Triton c’è per la prima volta l’assunzione collettiva europea di responsabilità sui rifugiati. Un impegno che, insieme alle recenti sentenze della Corte europea dei diritti umani, di fatto smantellano l’idea fondante del Trattato di Dublino.
Per esempio: i rifugiati della Siria fuori dal paese, soprattutto in Libano, Giordania, Iran, Turchia sono circa 2,5 milioni. Perché l’Unione europea non ne prende in carico il 10%, li trasporta in Europa, li ripartisce tra stati membri?
Sarebbe un gesto che da un lato alleggerirebbe il peso dei paesi limitrofi, anche loro molto destabilizzati sia dal conflitto che dalla gestione dei profughi, dall’altro eviterebbe il viaggio in mare di persone che comunque sarebbero arrivate. Potrebbe essere un modo per avere anche una leva nel rapporto con i paesi dell’area, chiedendo loro maggiore impegno contro traffico e flussi illegali di migranti. Si sanerebbero così molte delle ambiguità di Triton, e si andrebbe davvero alla radice del problema.
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