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Bersani ha sbagliato, Renzi prenda in mano il Pd


Dalla direzione del Pd appena conclusa esce un partito che mette «a disposizione la propria forza politica alla formazione di un governo su cui si dà pieno incarico a Giorgio Napolitano». Sembra la fine di un incubo ma, secondo alcuni, è l’inizio della fine del partito democratico. Lia Quartapelle, neo parlamentare trentenne («sono nata politicamente nel partito democratico») racconta a Linkiesta i primi 60 giorni da deputata del Pd: gli errori di strategia di Pier Luigi Bersani, la rielezione di Napolitano, e, soprattutto, il futuro di Largo del Nazareno.

Onorevole Quartapelle, lei è stata eletta per la prima volta in questa legislatura. E si è subito ritrovata nel bel mezzo di una crisi di sistema, e della crisi del suo partito. In cosa ha sbagliato l’ex segretario Pier Luigi Bersani? All’indomani del voto, resosi conto della “non vittoria”, cosa avrebbe dovuto fare? Secondo me abbiamo sbagliato strategia. In primis avremmo dovuto fare un’analisi del voto, dicendo che abbiamo perso. E ciò sarebbe servito a far ripartire la proposta politica. Come? Visto che i Cinque stelle ci hanno detto di non voler governare con noi, avremmo dovuto dire: o facciamo un governo di scopo, negoziando con le forze politiche a viso aperto, o torniamo alle urne. È stato un problema inseguire l’idea che si potesse fare un governo senza maggioranza. Un’idea sbagliata.

Adesso una giovane parlamentare come lei si ritroverà a sostenere un governo che si reggerà sull’asse Pd-Pdl-Scelta Civica. Un governo con Silvio Berlusconi. Cosa dirà ai suoi elettori? Io so che una parte dei nostri elettori diretti sono contrari all’ipotesi di un accordo con Silvio Berlusconi. Del resto una parte di loro identifica nel Pd un baluardo dell’antiberlusconismo, e un’altra parte perché pensa che non sia possibile fare le riforme con il Pdl. Ma in una fase emergenziale come quella odierna c’è la necessità di spiegare chiaramente quali sono le esigenze del Paese e perché si devono fare le riforme. E ciò lo ha spiegato bene ieri Giorgio Napolitano.

Ma il Capo dello Stato ieri non è stato affatto tenero con le forze politiche. Lei è d’accordo con Napolitano? Ha fatto bene perché siamo stati arroccati su interessi di parte. A me telefonano e dicono: io ti ho votato però tu devi fare quello che dico io. Ma io rispondo: io sono un parlamentare italiano, un parlamentare della Repubblica italiana, non sono soltanto un parlamentare del Pd. Noi siamo dei parlamentari che guardano agli interessi generali.

Che governo sarà? In queste ore le formule si sprecano: un governo del Presidente, un governo di scopo, un governo poli-tecnico.. Secondo me deve essere un governo di scopo. In questa fase ci stiamo concentrando su chi sarà il premier, su quale sarà la squadra di governo, e poco su cosa si dovrà fare. Prima cosa: il governo dovrà ridare credibilità alla politica attraverso l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e la riforma del bicameralismo perfetto. La politica deve essere la prima a riformarsi prima di agire in altre direzioni. Poi c’è il tema del lavoro ai giovani, ne ha parlato anche ieri ampiamente Napolitano. Non è possibile che in Italia ci siano soltanto 14 giovani su 100 che lavorano, mentre in Germania 46 su 100 hanno un lavoro stabile.

Ma sarà un governo di pochi mesi, come sperano i renziani, o un governo che potrà durare anche un paio di anni? Il tempo che serve per fare alcune cose. Infatti dalla direzione di oggi sarebbero dovute uscire poche cose ma chiare. Del resto se il Pd vuole tornare a giocare una partita di credibilità, si deve sforzare in questi mesi di discutere queste proposte. Bisogna discutere su come rendere di sinistra, con elementi progressisti, questo governo.

Lei si è ritrovata in un partito diviso, dove prevalgono ancora vecchi rancori e personalismi che si protraggono da anni. Cosa ha notato in queste settimane? Non l’ho notato. Ho visto soltanto un grande rimescolamento di tutto.

E adesso dopo le dimissioni di Bersani, e la formazione del governo, il Pd cosa dovrà fare? Deve discutere. Il problema è che in questi anni non abbiamo ma discusso di politica. La spaccatura di oggi è fra chi ha fatto dell’antiberlusconismo una bandiera sotto la quale ci stavamo e chi oggi ritiene ci siano delle pressioni più pressanti nel Paese e probabilmente ci siano altri valori che ci tengono insieme, come l’uguaglianza, l’idea di giustizia sociale. A partire dalle assemblee che si stanno organizzando in queste ore, e domani ce ne sarà una a Milano, si deve cominciare a discutere delle proposte del Pd per il nuovo governo, come ha detto Giorgio Napolitano.

In casa Pd si ragiona già sul prossimo congresso, che dovrebbe tenersi in estate. In questo momento ci sono due candidatura in campo, quella di Matteo Renzi, e quella di Fabrizio Barca.  Nelle recenti primarie ho votato Bersani. Probabilmente se si presentasse una sfida fra Fabrizio Barca e Matteo Renzi, opterei per il secondo. Anche se io non voglio scegliere sulla base del nome ma voglio scegliere una proposta politica che deve essere completa e che risponda alle esigenze economiche e sociali dell’Italia.

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