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Addio a Calchi Novati, l’uomo che ha messo l’Africa al centro

Alcuni incontri, alcune persone sono decisive per la propria formazione. In queste ultime settimane della sua malattia, ho ripensato alle tante cose che Giampaolo Calchi Novati, africanista, storico della decolonizzazione, mio professore di cui poi sono stata assistente e collaboratrice, mi ha insegnato.

Da quelle piccolissime: il gusto di un titolo scelto bene; l’avversione per l’uso del punto esclamativo; la precisione con cui si compila una bibliografia o si citano i nomi. Giampaolo era precisissimo e la precisione era un prerequisito per lavorare con lui. A quelle impalpabili, imparate osservando il suo comportamento: Giampaolo era l’unico accademico che io abbia conosciuto che coinvolgesse anche la segretaria di dipartimento in attività scientifiche, con riunioni operative brevi che valorizzavano il contributo di tutti. Dava del tu a chiunque lavorasse con lui, perché appunto colleghi. Giampaolo mostrava così il rispetto per il lavoro di ognuno, senza quella schizzinosità o condiscendenza della cattiva accademia. A quelle grandi: le sue lezioni a Pavia, dense e ricche, sono state l’ingresso in un mondo affascinante, l’Africa, che ha segnato le scelte di vita di molti suoi alunni, inclusa la mia.


La notte di Capodanno, poco dopo mezzanotte, Giampaolo ha voluto chiamare per salutarmi. Mi ha detto di non dimenticare i valori in cui abbiamo creduto. Per una persona che rifuggiva da ogni eccesso retorico, il suo è stato un messaggio che ho sentito come diretto, e profondo. Nonostante la tanta tristezza che provo oggi, alla notizia della sua scomparsa, sento che il suo esempio di studioso ma soprattutto di persona umana ha lasciato dentro di me tanto di cui sarà impossibile dimenticarmi, perché appunto è parte di me.

Con Antonio M. Morone ho scritto per l’Unità un Addio a Giampaolo Calchi Novati.

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