Oggi in Sicilia i ginecologi obiettori rappresentano l’81,6% del totale e il 100% in 26 strutture. L’anno scorso in Piemonte l’amministrazione regionale di centrodestra ha stanziato oltre 400mila euro per finanziare associazioni antiabortiste e progetti che diano un limitato sostegno economico alle donne affinché non abortiscano, tramite il cosiddetto «Fondo vita nascente». Oggi se sei una donna che vive in Lombardia o in Trentino e vuoi fare ricorso all’aborto farmacologico spesso devi spostarti in Emilia-Romagna per ottenere la prima pillola a causa delle lunghe liste d'attesa. Se vivi in Emilia Romagna invece hai più fortuna, ma dipende in quale città ti trovi. Se vivi a Parma, Modena o a San Giovanni in Persiceto ti è permesso ricorrere all’aborto farmacologico in consultorio, ma se vivi a Bologna, per esempio, no. Il motivo sarebbe soprattutto legato alla mancanza di spazi e di personale. Anche nelle regioni considerate più avanzate, come il Lazio, si conta comunque che ginecologi e ginecologhe obiettrici raggiungono il 64%, oltre al 29% del personale con altre funzioni mediche e non mediche e al 14% del personale dei consultori.
Questo è il quadro che emerge da un recente rapporto a cura di Claudia Torrisi sull’aborto farmacologico in Italia. È evidente che nel nostro Paese non venga garantito un accesso equo e sicuro all'aborto farmacologico in tutte le regioni. Troppe sono le disparità territoriali che costringono molte donne a spostarsi non solo tra regioni, ma anche all’interno delle stesse. Troppi sono gli ostacoli per fare uso della pillola abortiva RU486 e del misoprostolo, considerate pratiche sicure ed efficaci dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Oggi insieme ad AIDOS, Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, abbiamo fatto una conferenza stampa alla Camera proprio per denunciare questa situazione. Abbiamo sottolineato la necessità di avere dati aggiornati da parte del Ministero; di riscrivere le linee di indirizzo che sono ormai datate (a giugno del 2023 l’OMS ha pubblicato nuove linee guida che spiegano che l’aborto farmacologico è sicuro anche entro le 12 settimane); e di affrontare queste sfide per garantire un accesso equo e sicuro all'aborto farmacologico in tutta Italia.
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